Sembra che il mondo sia finito

Disfatta di Caporetto

Ludovico Caprara racconta ritirata a Lovadina (TV) il novembre 1917

Genova Cavalleria, dopo aver combattuto a Pozzuolo del Friuli, si ritira, arriva a Lovadina, a ovest del Piave

Il 4 novembre 1917 andiamo verso Venchiamezzo, non ho la forza di stare appresso ai cavalli, mi fermo i una casupola dove si vende il vino trovò costà molti giovani abili e borghesi, invidio la loro posizione ma è viltà cadere in mano del nemico. Uno srapnells scoppia poco distante; monto in macchina e via, per la strada mi scoppia un grosso proiettile a poca distanza, il Reggimento va verso Domanins. Il 6 novembre 1917 siamo all'argine del fiume Livenza in prossimità di Bibano. Ci coglie la notte gelida , ma di un  freddo che non ho mai sofferto come quella notte. Gli uomini a cavallo dormono assieme ai cavalli e non soffrono molto freddo, io e il Comando stiamo sulla stradicciula dell'argine, ivi vi era un casotto da guardiano. Il Capitano aiut. Magg. Lupi di Moirano mi dice di forzare la porta per ricoverarci, siamo una diecina compreso il Colonnello completamente intirizziti dal freddo.

Faccio e dico e torno con un piccone, ma appena mi appresto ad aprire mi afferrano in malomodo e mi scaraventano a me e il piccone. Gli Austriaci sono a poche diecine di metri e il rumore sarebbe bastato per dire siamo qui. Prima dell'alba ci allontaniamo. Visito qualche casa ove si nota la tragedia umana. La tavola imbandita tutta sottosopra sedie rovesciate vino e pane resti di pietanze, rottami. A Bibano visito una stalla ove ci sono 14 buoi e vacche di una grandezza magnifica. Andiamo verso Tezze ove giungiamo a notte. Il paese è in subbuglio ma qui il Piave è vicino. In un grande casolare c'è ogni bendi Dio e noi approfittiamo solo del vino e del grano per mangiare i cavalli. Il comando è al pianterreno di cui una porta da sulla strada e alla parte opposta va in un cortile. In questo cortile c'era uno staccio che bruciava e un mio compagno ciclista improvvisato perché era  nientemeno che il sellaio del 2° squadrone, ci buttò un secchio di vino per cercare di spegnerlo. In mezzo alla stanza c'era un tavolo grande. Gli ufficiali si ritirarono e non senza raccomandarci di stare all'erta sulla porta specie se passavano motociclisti. Noi eravamo molto in gambe sotto l'effetto del vino e quindi facemmo la rivista della casa. Mi presi un astuccio con una posatina d'argento e uno scialle di seta che mi misi al collo. Dopo di che cademmo in letargo sulla tavola. Verso l'alba mi sentii buttare  terra, era il capitano aiut. Magg. che mi minacciava mandarmi subito alla fucilazione. Facilmente nella notte eravamo stati chiamati dal Comando di Brigata e noi dormivamo, apriti cielo. Barcollando afferrai la bicicletta e via ma invece di infilare la porta di uscita sulla strada andai verso il cortiletto e qui c'era ancora lo straccio che fumicava, feci subito dietro front e non c'era da sbagliarsi uscii in istrada andai verso destra e alla distanza di 500 metri trovai il comando di Brigata da dove appresi subito con sollievo che nulla era successo ma il reggimento o i resti dovevano trovarsi incolonnati verso il Piave.

Portai l'ordine a voce e poco dopo i resti di una divisione di cavalleria era frammista e marciava di lento passo verso un pote del Piave di barche per attraversarlo. Un aereoplano austraico ci accompagnò mitragliando e dovemmo sparpagliarci. Sostiamo un po' presso una masseria e rifornimmo le bisaccie di grano e abbondantemente lo rovesciammo per terra a mangiare ai cavalli. Il mattino dell'11 novembre 1917 imboccammo il Ponte del Piave costruito dal genio pontieri di barche e pronto per bruciarlo con fascine e latte di petrolio.

Giungiamo a Lovadina, qui sembra che  non ci sia spavento ma molti si avviano verso l'interno allegramente perché sanno di essere al di là del fiume. Il Comando di Genova Cavall. si accantona in una bottega di pane con forno. Detta bottega funziona come se nulla fosse ma l'uragano si avvicia e già pensano di far fagotto. Circa 40 lancieri di Genova a piedi sono stati dislocati al di là del Piave ad attendere il nemico e riferirci, ma credo che questi siano caduti morti di stanchezza, qualche ciclista viene al Comando a dire il rituale “nulla di nuovo”, nel frattempo il tenente del Genio Pontieri riceve l'ordine dal Comando supremo Mobile di incendiare  il ponte di barche. Appena a conoscenza del Generale Emo Capodilista si svolge una scena sulla piazzetta di Lovadina, il generale Emo estrae la rivoltella e quasi impazzito dal dolore grida in faccia al tenente del Genio: Ho di là i miei Dragoni!... Dopo mezz'ora il ponte è in fiamme, non ci resta che difendere il sacro suolo della Patria. Il nemico è già arrivato alla sponda del Piave. Cala la notte oscurissima sulla Lovadina, la tragedia è terminata in un batter d'occhio sembra che sia  finito il Mondo, lo sconforto si legge in faccia ad ogni soldato e ufficiale: E' una desolazione pensare al nemico nei bei paesi friulani che noi tutti conosciamo. Ma già dal tardo pomeriggio del giorno 7 novembre 1917 si nota un movimento di truppe fresche, odorano di sego di scarpe nuove e di panni nuovi grigioverdi.

Abbiamo così la certezza che di qui non di passa! La disperazione di pensare che anche il Piave si avrebbe abbandonato ci faceva fremere di vergogna. Ma no, ma no!
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