Le cariche di Pozzuolo

Ludovico Caprara racconta paura, combattimenti a Pozzuolo del Friuli (UD) il 30 ottobre 1917

Il reggimento di Ludovico Caprara, Genova Cavalleria, nei giorni della disfatta di Caporetto non si ritira, ma avanza e attacca. A cavallo, caricando i tedeschi e gli austriaci. È la battaglia di Pozzuolo del Friuli del 30 ottobre 1917.  La mattina Genova e l’altro reggimento di cavalleria che carica con lui, Novara, contano quasi mille uomini. La sera sono in meno di cinquecento. Oggi la brigata di cavalleria dell'esercito italiano si chiama Pozzuolo del Friuli e il 30 ottobre è la festa della Cavalleria.

Notte fatale!

Un motociclista si ferma davanti al portone e grida: “Genova.......

Un ordine della 2.a Brigata, niente di straordinario; purtroppo era l'ordine più tragico che mai.

Sveglia generale e all'armi a tutti i reparti. All'alba si inizia la marcia indietro, rifacciamo la stessa strada percorsa pochi giorni prima, a rotta di collo si raggiunge Oderzo, Ponte di Piave e il 26 ottobre siamo di bel nuovo a Pravisdomini dove ci fermiamo per due giorni, cosa è mai successo? Si parla di una forte offensiva austriaca, ma chi può mai pensare a tanta catastrofe.

[…] La sera del 29 ottobre 1917 arrivai a Trivignano, si distribuì la biada ai cavalli. Il Genova al completo era in attesa di ordini, la notte passai vicino al focolare acceso assieme ai compagni dello Stato Maggiore. La tristezza si leggeva in ogni sguardo.

Ecco l'alba, i pochi rimasti di borghesi fuggono all'impazzata, poveri disgraziati non saranno giunti sul Tagliamento che hanno trovato la morte o la prigionia!

“Genova”è sparpagliata nei cortili

L'ordine è arrivato:

Attaccare e sacrificarsi!!

Ci sono diversi cavalli senza cavalieri e ciclisti senza macchine, benissimo! Si monta a cavallo e fra questi anch'io, sono però disarmato e senza speroni. Non so con quale reparto mi intrufolai ma ricordo che era una cavallina che non si fermò mai di trotterellare spossandomi enormemente. Passammo per l'abitato di Lestizza e ora non ricordo più per filo e per segno.

A trotto e galoppo ci disponemmo in una brughiera in prossimità di Pozzuolo del Friuli. Vista la malaparata mi portai verso lo Stato Maggiore. Il caro compagno Marchesini Erasmosi levò uno sperone e me lo diede ma nel mettermelo mi cadde e dovetti scendere da cavallo per raccoglierlo.

Poco distante c'era l'attendente del capitano Montagnani con un cavallo sottomano e con la sciabola appesa alla sella. Me la feci dare e rimontai a cavallo con uno sperone e con la sciabola. I maresciallo dello S.M. Bornati e Montruccoli osservavano la mia triste situazione. Di botto il capitano Montagnani mi apostrofa e mi fa restituire la sciabola al suo attendente, non so con quale criterio poi volle che la sciabola rimanesse appesa ad al povero addosso ad un cavallo sottomano, cioè di riserva.

Il colonnello Bellotti (al comando del reggimento Genova Cavalleria durante la battaglia di Pozzuolo del Friuli, il 29 e 30 ottobre 1917, n.d.r.) che ispezionava le truppe vide le mie vicissitudini e non mi disse nulla. Restai così per poco, reclamando e sorte di Dio. Poco distante era il Generale Emo e avvicinandosi al Genvoa gridò W il Re!

Avanziamo a lento passo in linea spiegata.

Le pattuglie nemiche non saranno che a 100 metri.

Il maresciallo Bornati Vincenzo dello S.M. mi dice di mettermi in coda o magari di fare una galoppata sullo stradone e raggiungere il carreggio dove ci sono delle lance anzi, anzi, mi dice: Se vedi Patron (il conducente della domatrice del colonnello) digli che non si facesse rubare l'involto che ho messo dentro la cassetta della domatrice del colonnello.
Tutto questo avviene mentre alla nostra ala sinistra crepitano le mitragliatrici nemiche. Son preso dal turbine delle evoluzioni, né il cavallo vuole uscire dalle file e né riesco a trattenerlo per portarmi in coda. Un razzo nemico si alza da poche decine di metri. Il nostro squadrone mitraglieri entra in azione in uno sforzo supremo e pieno di rassegnazione grido coi presenti il fatidico “Savoia”

Cosa sia mai avvenuto non lo so dire, perché non lo ricordo? Figlio mio credo che il quadro assurdo mi abbia stordito, ti dico solo quadro orrendo, orrendo. Un crepitio così gremito e un fischiar di proiettili c'era tutt'intorno. Lascio un po' di spazio se mi ricorderò in appresso.

Il mio cavallo era furibondo, avevo le mani graffiate e sanguinavano anche dalla faccia. Ricordo una galoppata lungo la scarpata mentre si svolgeva l'immane carnaio. Il mio cavallo, immagino ora, probabilmente era facilmente straripato lungo la scarpata che fiancheggiava la strada e non poteva più risalire a causa della ripida scarpata quindi mi trovai a poter osservare che i carreggi a migliaia lungo la strada erano completamente abbandonati perché i conducenti erano chissà dove. Ora ecco un'altra pausa non so niente e per quanto abbia fatto per potermelo ricordare.

Verso l'imbrunire a cavallo, ma col cavallo a passo stanco mi avviavo forse senza meta ma venni a trovarmi nella piazza di Mortegliano. Ivi era gremita di carreggi di tutte le armi e così anche alcuni carro del mio “Genova Cavalleria”.Se non erro il sergente Franzetti mi domandò notizie del Reggimento, notizie che gli diedi esortandolo a fare “dietro front” con i carri perché era inutile inoltrarsi; è bene sapere che sia l'inoltrarsi che con il voltare indietro era cosa assolutamente impossibilissima a causa delle strade ingorgate di migliaia di carri fermi.
Ora mi trovo senza notizia alcuna nei pressi del ponte di S.Vito al Tagliamento.

La scena dei fuggiaschi è indescrivibile, donne, bambini vecchi piangendo e imprecando trasportano le misere masserizie di casa, i soldati sono indifferenti e sembrano ubriachi le strade che conducono al Ponte sono gremite, il ponte, poi, è letteralmente bloccato dalla folla di pazzi in terrore.

Mi allontano perché se ben ricordo mi sembra che andai a scegliere un altro ponte per passare all'altra riva. Mi sembra che mi fermai anche un po' a riprendere fiato io e il mio cavallo.

Un tremendo scoppio mi fece presagire che il ponte era saltato in aria con tutta la gente sopra, il fiume rigonfio in piena avrà cancellato tutto.

Ora mi ritrovo in una strada quasi silenziosa e non sono più solo, sono assieme al caporal maggiore Dell'Orto di Milano, nel mio stesso Regg.to. Dove mai l'ho incontrato? Marciamo uno dietro l'altro a passo lento e siamo verso sera. In ogni piccolo ponte è minato e i soldati del Genio ci ordinano di scendere e portare i cavalli a mano, cosa che facciamo. A notte alta io e Dell'Orto ci fermiamo nel paese di Morsano al Tagliamento, bussiamo ad una casa facciamo accendere il fuoco, mangiamo polenta rifocilliamo i cavalli e facciamo un pisolino vicino al fuoco. Sono le ore 3 del mattino notte scurissima, decidiamo di ripartire e avvisiamo i padroni che ci hanno ospitato di abbandonare al più presto la loro casa; al loro allarme restiamo indifferenti e ci allontaniamo verso dove? Dell'Orto non so più dove mi abbia accompagnato perché ora non ricordo altro. Conoscevo benissimo le strade e al mattino del 31 ottobre 1917 mi trovai seduto sull'orlo della strada a qualche chilometro da Pravisdomini. Ero così malconcio e stanco e fui attratto da scalpitio di cavalli, mi voltai, mi alzai e vidi con sorpresa il Colonnello Bellotti di “Genova”, lo stendardo del Reggimento e poche decine di soldati di Genova Cavalleria; io li guardai fissi, mi rivolse qualche parola che non capii e lessi in tutti gli sguardi con sgomento indescrivibile, sgomento della sconfitta non di “Genova” ma del disastroso ripiegamento dell'esercito italiano.

Eccomi col resto del Reggimento negli stessi locali e nello stesso paese ove eravamo partiti al completo, eravamo partiti al pomeriggio del 26 ottobre, 5 giorni prima!

Al nostro arrivo a Pravisdomini si intensificano le emigrazioni verso l'interno, il parroco come una papera e tutto giulivo consiglia ai suoi fedeli di fare fagotto, man mano che passano soldati di cavalleria li fermiamo e radunati così eccomi di nuovo a cavallo assieme ai resti di 4 Reggimenti 4°, 5°, 13° e 20°, verso Pordenone.

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